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L’evento pandemico ha determinato, nelle organizzazioni, una ridefinizione degli equilibri nei rapporti interni e nelle dinamiche di interazione con il mercato.

Tra le variabili in grado di incidere in maniera sostanziale su tali equilibri, vi è senz’altro l’imprevisto, già individuato – in uno scenario complesso ed estremamente dinamico come quello in cui ci troviamo – quale elemento da tenere in forte considerazione. L’evento pandemico, se possibile, certifica la necessità di un “costante inatteso” con cui l’organizzazione deve imparare a convivere e, perché no, grazie al quale può imprimere un’accelerazione ai suoi meccanismi interni di innovazione e rinnovamento.

Un problema complicato possiede delle chiavi di risoluzioni regolate da rigidi rapporti di causa-effetto, magari di difficile costruzione e/o applicazione, ma comunque lineari. Lo scenario attuale, però, mette le organizzazioni di fronte alla complessità, più che alla complicazione. La complessità richiede di cercare soluzioni nuove, di abbandonare la logica lineare a favore di un approccio spesso “sperimentale”, “laterale”, nel quale il dialogo plurale sostituisce il meccanicismo lineare. Letto in quest’ottica, anche l’inatteso spaventa di meno, perché può essere interpretato come elemento pervasivo di un contesto che è già “oltre” la complicazione.

Muoversi nell’inatteso fa maturare una predisposizione all’apprendimento. L’ignoto ci spinge a sperimentare, il contatto con il nuovo rende le organizzazioni più aperte all’apprendimento ed al rinnovamento dei propri aspetti strutturali e relazionali. Le soluzioni non sono già scritte, bensì devono essere ricavate da una riflessione di “senso” sulla propria esperienza concreta. Questa visione incide profondamento anche sulla concezione della leadership nell’era dell’imprevisto.

Questa nuova visione dell’imprevisto spinge le organizzazioni a ripensare i propri sistemi di ingaggio, di pianificazione, di coordinamento. Il Project Management, ad esempio, diventa sempre più “iterativo” ed aperto all’evoluzione in itinere; gli obiettivi annuali cedono il passo sempre più spesso a composizioni modulari, per semestri o trimestri; nascono, infine, nuovi sistemi di coordinamento organizzativo per unire punti di vista e prospettive diverse (comitati, task force, gruppi interfunzionali, etc.).

Il lavoro in gruppo è reale quando riesce ad esprimere “quel soggetto in più” che il gruppo stesso rappresenta, senza il quale sarebbe una semplice somma delle sue parti, frammentata tra contributi diversi. L’apprendimento, in questa prospettiva, è ciò che emerge dalla valorizzazione delle relazioni, dall’espressione di quello spazio che prende vita e si realizza tra le persone, dalla mente collettiva verso le sfide del futuro.