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Identificare il pericolo, l’ignoto, ed etichettarli, incasellarli in conoscenza, attribuirgli un senso e dei confini, è un retaggio che l’essere umano conserva dai tempi dell’uomo primitivo. Il criterio principe per i nostri antenati era: diffidare da ogni incognita. Da allora e fino ad oggi, l’uomo moderno ha interiorizzato questo mantra, la ricerca di quella che oggi chiamiamo “comfort zone”, portandola anche all’interno delle proprie organizzazioni. Al contempo, il mondo esterno è sempre più veloce e mutaforma, ed è continua fonte di incertezza, e l’incertezza porta complessità, anzi, è essa stessa complessa.
La vera sfida delle organizzazioni, oggi, è di riuscire innanzitutto ad identificare e dare un nome a ciò che le circonda, ma soprattutto a comprendere come acquisire consapevolezza e accettazione di questa rinnovata nemesi chiamata complessità, imparare ad “abitarla”, alimentando la misura dei confini della propria “comfort zone”, attraverso nuove e riscoperte modalità di pensiero e azione.

Le organizzazioni sono costituite da diversi livelli del sistema, Individuale, di Team, Organizzativo e di Mercato. Questi livelli sono fortemente interconnessi, e ci
accorgiamo che i fenomeni più interessanti succedono nei livelli di confine. È interessante il livello del Team, ma lo è ancora di più osservare come questo
interagisca con gli altri livelli, scoprendone il potere generativo, e la potenza dell’impatto che può avere la consapevolezza di ciò come valore aggiunto per
l’Organizzazione. Niente contatto, niente resistenza, i confini devono oggi necessariamente dialogare per generare nuove pensabilità.

Una delle principali fonti di crisi per l’uomo moderno, è dovuta dall’utilizzo interscambiabile di questi due termini. “Complicato” implica un qualcosa di difficile ma di risolvibile, attraverso il ricorso di adeguati nessi di causa ed effetto. “Complesso” invece è differente, non è governato da rapporti di causa-effetto immediati, va prima esplorato, compreso e ricostruito e non per forza possiede una soluzione. La sfida, oltre che maggiore difficoltà, è proprio il riuscire ad accettare l’ambiguo, accettare di essere immersi in qualcosa che non possiamo pienamente comprendere, esplorando quelli che oggi sono ormai conosciuti come scenari VUCA.