La consulenza come processo: una relazione che trasforma

Dal modello prescrittivo a una relazione che genera consapevolezza
5 settembre 2025 di
La consulenza come processo: una relazione che trasforma
Consvip Nexa

Oltre la consulenza come “prescrizione”

Per molto tempo la consulenza organizzativa è stata intesa come un’attività di “esperti” che entrano in azienda, diagnosticano i problemi e portano soluzioni preconfezionate o indicano “cosa devi fare”. In questo modello, il valore si misura nella capacità di fornire strumenti rapidi, schemi operativi, best practice pronte da applicare. È un approccio che, in alcuni casi, può sembrare rassicurante: di fronte a una difficoltà, chi non vorrebbe un manuale di istruzioni semplice e immediato?

Eppure, chiunque abbia vissuto un cambiamento complesso sa che le organizzazioni non funzionano come macchine, in cui basta sostituire un ingranaggio per riprendere a marciare. Le organizzazioni sono sistemi sociali: spazi di relazioni, identità, storie condivise, conflitti latenti, emozioni e significati. Non si trasformano dall’oggi al domani con una nuova procedura, ma solo quando le persone trovano un senso comune al cambiamento.


La consulenza di processo nasce all’interno dello sviluppo organizzativo (OD), una disciplina che ha messo in discussione l’idea di organizzazioni viste come macchine perfette e ha introdotto una visione più umana, complessa e dinamica. Kurt Lewin, padre della teoria del campo, sottolineava che il comportamento delle persone non può mai essere letto isolatamente, ma va compreso come il risultato delle interazioni tra individuo e ambiente, in cui “il tutto è più della somma delle singole parti”. Da questa intuizione è nata l’idea che ogni cambiamento non sia mai solo tecnico o individuale, ma sempre anche culturale e relazionale.


Negli anni successivi Edgar Schein ha tradotto queste intuizioni in un approccio pratico e metodologico. Con la sua riflessione, la consulenza ha iniziato a distinguersi in due strade diverse: da un lato quella “esperta”, che porta soluzioni preconfezionate, dall’altro quella di processo, che invece si concentra sull’accompagnare l’organizzazione a leggere se stessa, a riconoscere i propri schemi, a costruire risposte che nascono dall’interno. In questa prospettiva il consulente non è colui che dice cosa fare, ma chi facilita l’apprendimento e la consapevolezza.


Questo approccio ha due presupposti fondamentali:


  •  Il sapere utile al cambiamento non appartiene solo al consulente, ma è già distribuito nel sistema;

  •  La relazione consulente-cliente è il vero motore della trasformazione.

Il valore della relazione

Per noi di Nexa la consulenza non è un prodotto da acquistare, ma un percorso da costruire insieme. Non arriviamo con ricette prêt-à-porter, ma creiamo contesti di dialogo, confronto e sperimentazione nei quali le persone possano esplorare i propri bisogni e generare nuove soluzioni. Ogni intervento prende forma a partire dall’ascolto e dal riconoscimento della cultura organizzativa, delle dinamiche relazionali, delle risorse già presenti.


La relazione, in questo senso, è il vero cuore del lavoro consulenziale. Non c’è cambiamento reale se le persone non si sentono parte attiva del processo. È nella qualità delle interazioni che emergono significati, resistenze, possibilità. Il consulente diventa così un partner di viaggio, qualcuno che aiuta a guardare le cose da nuove angolature e ad aprire spazi di possibilità, senza sostituirsi mai a chi vive quotidianamente l’organizzazione.

Cosa vuol dire “consulenza di processo”?

Fare consulenza di processo vuol dire lavorare sul qui-e-ora, prestare attenzione a ciò che accade nelle relazioni e nelle conversazioni, più che limitarsi ad analizzare i documenti o a disegnare organigrammi. Significa riconoscere che la conoscenza utile al cambiamento non viene solo dall’esperto esterno, ma è già presente nel sistema e va fatta emergere.


È un approccio trasformativo perché non si limita a trasferire nozioni, ma cambia i modi di guardare e di agire. È anche sistemico, perché considera i fenomeni non come problemi di singoli, ma come espressioni delle dinamiche collettive. Un conflitto tra due reparti, per esempio, non è mai soltanto un problema di comunicazione individuale, ma parla di culture diverse, di ruoli non chiari, di aspettative organizzative che vanno comprese.

Quando è utile questo approccio

Pensiamo a una PMI familiare in fase di passaggio generazionale. I giovani eredi portano nuove idee, i fondatori faticano a lasciare spazio, i collaboratori storici vivono un senso di incertezza. Portare un manuale di procedure non risolverebbe nulla. Ciò che serve è un processo di ascolto, dialogo e riallineamento, in cui ogni attore trovi riconoscimento e nuova collocazione.


O pensiamo a una start-up cresciuta rapidamente: da dieci persone si passa a cinquanta, poi a cento. La cultura informale che teneva insieme il gruppo non basta più, nascono tensioni, i ruoli diventano poco chiari, le decisioni rallentano. Qui il compito del consulente di processo non è imporre un organigramma standard, ma aiutare a ridisegnare insieme ruoli, responsabilità e processi decisionali coerenti con la nuova fase.


La consulenza di processo diventa quindi particolarmente preziosa nei momenti di transizione, quando un’organizzazione affronta cambiamenti complessi, vive tensioni difficili da interpretare o sente il bisogno di riallineare struttura, cultura e persone. In questi frangenti, cercare soluzioni rapide o calate dall’alto rischia di alimentare resistenze o di produrre cambiamenti solo apparenti.


Ciò che serve davvero è creare consapevolezza, aprire spazi di dialogo e costruire nuove mappe di senso condivise. È un lavoro più lento, ma molto più solido, perché ciò che nasce dall’interno ha maggiore possibilità di durare nel tempo.

Perché oggi è ancora più necessario

Viviamo in un contesto in cui l’incertezza non è più un’eccezione, ma una condizione permanente. Le organizzazioni devono muoversi in scenari mutevoli, gestire generazioni diverse al lavoro, adattarsi al digitale e, al tempo stesso, preservare relazioni autentiche.


In questo quadro, la consulenza di processo offre un modo per affrontare la complessità senza semplificarla in maniera artificiale. Aiuta a costruire senso insieme, ad attivare risorse che spesso restano invisibili, a trasformare le difficoltà in occasioni di crescita.


Soprattutto, permette di generare un cambiamento che non è imposto dall’esterno, ma sostenuto dall’interno. La vera trasformazione, infatti, non nasce dalle soluzioni già pronte, ma dal coraggio di fermarsi, di ascoltarsi e di tradurre le scoperte in azioni concrete e condivise.

Per approfondire


  •  Kurt Lewin – Frontiers in Group Dynamics (1947)

  •  Edgar H. Schein – Process Consultation Revisited (1999)

  •  Edgar H. Schein – Organizational Culture and Leadership (2017)

  •  Mee-Yan Cheung-Judge & Linda Holbeche – Organization Development: A Practitioner’s Guide for OD and HR (2019)

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