Fairplay Vs Intimidator – una sfida educativa all’efficacia dei team

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Parte il nostro viaggio alla scoperta delle infinite potenzialità del “lavor cortese”, perché in termini di risultati e di efficacia dei team pare proprio che correttezza, cortesia e cultura della positività al lavoro siano la chiave giusta per il miglioramento delle performance aziendali. Scorrettezza, clima negativo e “Intimidator” possono realmente ostacolare l’efficacia dei team e ridurre la fiducia e la disponibilità a collaborare nei team.

Questo l’assioma di Christine Porath, professore associato di management alla Georgetown University e del suo “Mastering Civility, a Manifesto for Workplace”.

Un clima negativo rovina il lavoro, rovina le relazioni al lavoro e può portare ad alti livelli di inefficacia. Una recente indagine documenta come scortesia e scorrettezza diminuiscano la collaborazione e le performance in ambiente sanitario dove la bravura del singolo non fa la salvezza del paziente, ma un buon lavoro di squadra sì.

In Israele, a titolo sperimentale[1], ventiquattro team sanitari provenienti da quattro unità di terapia intensiva neonatale sono stati invitati a un workshop di formazione progettato per migliorare la qualità delle cure. I team dovevano trattare in simulazione, un neonato prematuro le cui condizioni di salute peggioravano improvvisamente a causa di una grave malattia intestinale: identificare e diagnosticare la condizione e somministrare un trattamento adeguato era di vitale importanza.

Sotto osservazione di un esperto dagli USA, dodici team su ventiquattro hanno ricevuto messaggi neutrali, l’altra metà ha ricevuto messaggi insultanti circa le prestazioni e la “scarsa qualità” delle cure mediche israeliane. I risultati delle riprese hanno rivelato come le squadre esposte ai commenti negativi hanno mostrato capacità inferiori sia diagnostiche che procedurali, diminuendo in maniera significativa le possibilità di sopravvivenza del piccolo paziente.

L’analisi dei dati ha rivelato che ciò è dipeso principalmente dal fatto che i team esposti ai commenti negativi hanno smesso di collaborare attivamente: non condividendo le informazioni e non cercando aiuto dai membri degli altri team.

Secondo quanto riportato dalla ricerca della prof. Porath le persone che non hanno la sensazione che l’ambiente di lavoro e il team sia un luogo di fiducia sono meno propense a cercare o accettare il feedback e hanno meno probabilità di sperimentare, discutere gli errori, e parlare di problemi potenziali o reali. Anche senza un vero e proprio “Intimidator” nelle vicinanze, lavorano in una nuvola di negatività e non sono in grado di fare del loro meglio.

Ha senso: quando qualcuno si comporta male o in modo offensivo al lavoro, si diffonde un’aurea negativa che si riverbera su tutti, a volte sfociando in atteggiamenti aggressivi o disfunzionali[2].

Un po’ di educazione e di fair play spiana, dunque, la strada verso il miglioramento delle performance, secondo Porath, ed altre ricerche corroborano questa tesi.

Studiando più di 180 dei suoi team attivi, Google ha trovato che “chi” faceva parte di un team contava meno di “come” interagivano i membri del team stesso, insomma tutta una questione di clima. I dipendenti appartenenti a quei team che mostravano più apertura e “Fair play[3]” avevano più probabilità di accogliere positivamente le idee dei loro compagni di squadra ed erano meno propensi a lasciare l’azienda. Inoltre hanno generato più entrate per Google e sono stati giudicati maggiormente “efficaci” dai loro manager.

Sono proprio i team leader ad impostare il tono giusto. Uno studio del team di prodotto interfunzionale ha rivelato che quando i leader trattano bene e in modo equo i membri del loro team essi sono stati più produttivi individualmente e come squadra.

Se i leader coltivano il Fair play in azienda, questo si traduce in un miglioramento delle performance e della creatività, consentendo il rilevamento precoce dell’errore e l’iniziativa ad intraprendere azioni correttive, riducendo l’esaurimento emotivo.

Il Fair play, la correttezza e la cortesia aiutano i team a funzionare meglio aiutando i lavoratori a sentirsi più sicuri e più felici.

Dunque se si desidera che le persone collaborino meglio e diano di più, è bene prendere in considerazione il clima, i modelli di ruolo del leader, e le norme che regolano il lavoro di squadra. Prendete appunti!

Ma non si può semplicemente imporre il Fair play: coinvolgere i dipendenti nel processo definendolo con precisione, li responsabilizzerà in merito alle migliori azioni da intraprendere per garantire un clima organizzativo collaborativo.

E’ interessante notare come alcune aziende leader offrono ai loro dipendenti una formazione formale sul Fair play e la correttezza aziendale. Ad esempio il “Precision Questioning” di Microsoft insegna ai partecipanti a mettere in discussione le proprie idee; sviluppare approcci alla salute, critiche costruttive; e agire con agilità emotiva, anche in situazioni di tensione – fornendo competenze di base quali lo sviluppo della capacità di ascolto e il feedback.

Dunque prestare attenzione al grado di Fair play, correttezza e cortesia interpersonale dei team si rivela una mossa strategica in grado di migliorare la collaborazione e le prestazioni al lavoro; la formazione in tal senso si rivela essere un fattore determinante per il successo.

[1] (The Impact of Rudeness on Medical Team Performance: A Randomized Trial – Arieh Riskin, Amir Erez, Trevor A. Foulk, Amir Kugelman, Ayala Gover, Irit Shoris, Kinneret S. Riskin, Peter A. Bamberger,  Pediatrics Review, 2015)

[2] Un modello matematico sviluppato dagli psicologi di Yale Adam Orso e David Rand mostra che le persone circondate da “Intimidator” imparano intuitivamente ad agire egoisticamente anche quando la collaborazione sarebbe più utile.

[3] “Gioco leale”