L’integrazione inizia in aula

“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre.” (Ian Mac Laren)

E’ questo lo spirito con cui Sarissa e Antonio, una giovane mediatrice ed un combattivo docente, entrano quotidianamente nell’aula del corso “Operatore dell’installazione e manutenzione di impianti elettrici”. Gli allievi sono richiedenti asilo che provengono dal martoriato continente africano. Ognuno di loro porta con sé un bagaglio di esperienze drammatiche: tortura, guerra, devastazioni, anni interi in fuga. Vivono qui da 8 mesi e si stanno ancora “ambientando” con difficoltà di integrazione scolastica e formativa. Il corso non solo consentirà loro di ottenere una qualifica professionale, ma rappresenta innanzitutto un progetto di vita in cui la formazione è una concreta possibilità di riscatto ed integrazione.

La storia di Sarissa e Antonio.

Iniziamo con la giovane tutor e mediatrice. Il suo “singolare” nome ha un origine storica: la “sarissa” era infatti la lancia che gli antichi soldati macedoni usavano in guerra. Appena inizia l’intervista si capisce da subito che il suo nome ha un destino preciso: la sua determinazione ed il suo entusiasmo scoccano come lance! Sarissa ha da sempre “esplorato” con i suoi studi e le sue passioni il Mediterraneo. Ha infatti studiato lingue (francese, arabo ed inglese) ed ha approfondito la gestione delle politiche sociali e dei servizi di intermediazione interculturale. Da 4 anni, tra lavoro e volontariato, si occupa di migrazioni: questa sua passione l’ha portata a vivere per un periodo in Egitto.

Il docente è Antonio D’Alisa: perito elettrotecnico con grande esperienza sul campo. Antonio è una persona di grande spessore etico. Si percepisce subito che ha il carattere di un combattente. Non a caso è un praticante di Aikido (la più “spirituale” delle arti marziali giapponesi). Finita la scuola ha fatto la “gavetta” in fabbriche e cantieri. E’ diventato, col tempo, capocantiere per passare poi ad esercitare anche la libera professione. La sua biografia è ispirata a grandi valori: la solidarietà e la fratellanza tra popoli. Ha sempre odiato il razzismo che è per lui un fenomeno soprattutto culturale: “..è tanto diffuso quanto il maschilismo”.

Come si sono trovati ad essere parte di questo percorso formativo?

Sarissa, dopo gli studi, ha iniziato a collaborare con diverse associazioni impegnate con i migranti per arrivare poi ad essere tutor e mediatrice di questo corso rivolto a richiedenti asilo. Per il suo ruolo di mediatrice è stata fondamentale un’esperienza da insegnante di L2 (italiano per stranieri):

“….questa esperienza mi ha fatto capire come sia di grande aiuto per l’insegnamento conoscere la cultura dei migranti. Il fatto stesso di mostrare di sapere, ad esempio, che le persone in aula stavano vivendo il periodo del Ramadan, o ancora mostrare di conoscere “modi di dire” o tradizioni aiuta molto nella relazione di insegnamento”.

Antonio fin da quando lavorava in fabbrica ha sempre avuto il desiderio di poter insegnare il “mestiere” ed aiutare i più deboli (le persone “trattate come i neri”) a riscattarsi grazie al proprio miglioramento professionale e tecnico. Quando un giorno gli hanno offerto l’opportunità di diventare un docente per richiedenti asilo ha accettato subito! Stava realizzando un sogno. Ecco le sue parole:

“Ti posso dire che anche quando ero operaio mi sentivo sempre il “punto di riferimento”. Non perdevo mai occasione di “insegnare” ai colleghi qualcosa ed aiutarli dal punto di vista pratico. E anche quando sono diventato tecnico, e lavoravo in ufficio, ero il riferimento per tutti gli operai che invece di andare dall’ingegnere o dall’architetto preferivano rivolgersi a me. Il cantiere, inoltre, mi ha permesso di imparare come riuscire a comunicare in maniera efficace. Ed anche adesso cerco sempre di non “mettermi in cattedra” e mi interesso attivamente dell’aula chiedendo ai ragazzi “come vanno le cose” e se hanno problemi”..

Quali sono le principali difficoltà di questo corso?

Un percorso formativo rivolto a persone che hanno appena iniziato la propria integrazione linguistica e culturale è certamente complesso.

Sarissa:
“…quasi tutti gli allievi hanno un percorso di studi che spesso si è limitato soltanto all’istruzione elementare. Quindi per loro non è certo facile trovarsi adesso in un’aula… Anche solo il fatto di stare seduti è complicato. Per questo la parte del corso dedicata alla motivazione è stata molto utile per migliorare la loro partecipazione”.

Antonio:
“…. La maggior parte degli allievi non ha neanche la nostra terza media. Questo è un aspetto molto delicato in quanto l’elettrotecnica prevede la conoscenza della fisica, della matematica e della chimica e perciò sono stato “costretto” a fermarmi alla legge di OHM (una delle più semplici). Hanno poi anche grandi difficoltà nella conoscenza de materiali e del linguaggio tecnico. Ad esempio quando ho parlato della “lamella” (il nucleo centrale di un trasformatore) loro non sapevano neanche che cosa era. E perciò gli ho portato in classe un trasformatore per far vedere di cosa stavamo parlando. Molti materiali tecnici non li hanno mai visti!!”

Come fanno Sarissa e Antonio a superare le quotidiane difficoltà?

L’aula è molto motivata. I richiedenti asilo sono stati ben selezionati e sono consapevoli del fatto che il corso rappresenta per loro una preziosa opportunità. Quello che fa la differenza è però la capacità di creare e “nutrire” ogni giorno la relazione con l’aula.

Sarissa:
“Cerco di facilitare il loro percorso mostrando curiosità ed interesse: una persona quando si trova in un contesto diverso è molto probabile che si trovi “spaesato”. E’ capitato anche a me quando ho vissuto per sei mesi al Cairo. E capita anche qui dove i richiedenti asilo vivono per lo più in strutture di accoglienza e non hanno occasioni di confronto con i coetanei italiani. Oltre a questo dobbiamo aggiungere che quando i rifugiati fanno la richiesta di asilo già sanno che non rivedranno più la loro famiglia e portano con sé un bagaglio di sofferenza non indifferente”.

Antonio:
“Loro tengono moltissimo a fare pratica! Infatti ho sempre fatto leva su questo loro interesse! Anche se la teoria è sempre necessaria! Io risolvo facendo ricorso a una teoria non “istituzionale” e quanto più vicina alle loro esigenze. Su questo mi faccio aiutare molto da Sarissa, con la quale mi confronto per trovare la maniera più facile per fargli comprendere la teoria……

Sarissa ha un ruolo fondamentale per il successo della formazione: passa tutto il tempo a chiamare i ragazzi e a fare tutto il possibile per portarli in aula. Chiaramente loro hanno molti problemi. E inoltre tutti raggiungono l’aula con i mezzi pubblici e per questo possono fare ritardo!

Lei li chiama uno ad uno! ”